lunedì 27 ottobre 2008

LAUREE REGALATE A POLIZIOTTI E CARABINIERI

La protesta anti-Gelmini non deve fare sconti a nessuno.

Sulla scia della protesta contro la ‘riforma Gelmini’ Lotta Studentesca intende denunciare oltre alla vergognosa serie di tagli che andranno a toccare il sistema dell’istruzione italiana, anche molti aspetti, per il momento non affrontati dalle svariate mobilitazioni sin qui svolte. Un articolo del corsera del 26 ottobre sottolinea una notizia che la pubblica informazione ha il diritto di conoscere. Le lauree regalate ai poliziotti,carabinieri e militari. Una vergogna dal sapore tutto italiano. Uno dei motivi che –forse- può spiegare con maggiore chiarezza le frasi espresse da Berlusconi in merito alle occupazioni. Ricordiamo che il presidente del consiglio fece appello ad usare polizia e ministero dell’interno per soffocare le occupazioni e la protesta. Non una semplice gaffe del cavaliere quindi, ma un messaggio chiaro del tipo: “Io vi faccio prendere la laurea passando un paio di esami, ergo voi dovete difendere con molta ‘determinazione’ lo status quo della ‘riforma Gelmini’.Dopo la riforma universitaria del 1999 le Università italiane hanno stipulato con il Ministero dell’Interno convenzioni che ‘ragalano’ lauree ai componenti della Polizia di Stato: in pratica i corsi seguiti sostituiscono una parte degli esami, che vengono abbonati alle matricole in divisa. Moltissimi atenei hanno stipulato convenzioni simili per i poliziotti, altri ancora ne hanno sottoscritte con l’Arma dei Carabinieri, la Guardia di Finanza, i Vigili del Fuoco, la Polizia Penitenziaria, le polizie locali: ed è soltanto una porzione delle convenzioni tra atenei e categorie professionali. Una vergogna tutta italiana! Alla “corsa alla convenzione” hanno partecipato anche le forze dell’ordine: 25 gli accordi per la Polizia di Stato; nessuno sembra aver tenuto il conto delle convenzioni sottoscritte da Carabinieri e Guardia di Finanza, ma sono per lo meno 4 e 12 rispettivamente, numeri ricavati scorrendo le pubblicazioni on line delle Università. Per i vigili del fuoco al momento solo un accordo con l’Università San Pio V di Roma.Laurea regalata, meno tasse per una nuova ‘casta’Se la laurea triennale ha già accorciato i tempi rispetto alla vecchia laurea di cinque anni, con le convenzioni il percorso per diventare dottori è ancora più breve. Gli esami da affrontare diminuiscono e il conseguimento del titolo diventa così una bazzecola. Molti atenei prevedono – addirittura - “sconti” sulle tasse d’iscrizione.Ogni convenzione tra università e forze dell’ordine stabilisce quanti “crediti formativi universitari” (CFU) sono riconosciuti. I CFU sono l’unità di misura del lavoro dello studente e delle prove da superare: ad ogni esame corrisponde un certo numero di crediti e una laurea triennale ne vale 180. I CFU riconosciuti variano da un ateneo all’altro, a seconda del corso di laurea scelto e del percorso formativo già svolto, ad esempio nelle scuole di polizia.Quando basta solo la tesi per diventare dottori…Per un finanziere che ha seguito il corso quadriennale in accademia, laurearsi in economia e commercio a Bologna è quasi una formalità: 176 crediti su 180, basta scrivere la tesi ed è fatta. Anche lo sconto per un allievo finanziere non è disprezzabile: 75 crediti, vale a dire un anno abbondante risparmiato rispetto alle “normali” matricole. Un’offerta irresistibile per i carabinieri era invece arrivata dall’Università di Siena, prima che qualcuno gridasse allo scandalo e l’ateneo facesse marcia indietro: 300 euro di tasse, una tesina su tre materie d’esame e la discussione della tesi per la laurea in scienze dell’Amministrazione. Più facile allora iscriversi a giurisprudenza presso l’Università del Molise: un appuntato risparmia 74 crediti, per un maresciallo il ‘calvario’ di studio ed esami è ridotto di due terzi.Ampia la scelta per i poliziotti: un ispettore può vedersi riconosciuti anche 111 crediti, mentre l’Università dell’Aquila ne attribuisce addirittura 150 ad un vice ispettore, in pratica due anni e mezzo su tre sono già fatti. Anche un semplice agente, secondo le convenzioni più benevole, può risparmiarsi più di un anno di fatiche.La corsa alla convenzione: guidano i piccoli atenei, ma i grandi non disdegnanoL’Università del Molise non ha dimenticato quasi nessuno: cinque convenzioni stipulate con carabinieri, guardia di finanza, polizia di stato, locale e penitenziaria. Due convenzioni per la piccola università San Pio V. All’università di Teramo i poliziotti sono circa il 2,5% dei 10mila studenti, e a loro vanno sommati i finanzieri e 70 militari. Gli atenei più piccoli, forse perché alla ricerca di nuovi iscritti e fondi, sembrano i più spregiudicati nello stipulare convenzioni, ma anche i “grandi” sembrano adeguarsi: lo dimostrano i casi di Siena, gli accordi tra l’Università di Milano e la polizia e tra l’ateneo bolognese e la Guardia di Finanza, le due convenzioni di Urbino.Università, il business dei laureati precociSono cresciuti in un anno del 57 per cento. La metà negli atenei di Siena e ChietiTasic, un serbo di 19 anni, è finito su tutti i giornali del mondo perché, partito per l'America per studiare, ha preso la laurea e pure il dottorato in otto giorni? Noi italiani, di geni, ne abbiamo a migliaia. O almeno così dicono i numeri, stupefacenti, di alcune università. Numeri che, da soli, rivelano più di mille dossier sul degrado del titolo di «dottore». I «laureati precoci», studenti straordinari che riescono a finire l'università in anticipo sul previsto, ci sono sempre stati. È l'accelerazione degli ultimi anni ad essere sbalorditiva. Soprattutto nei corsi di laurea triennali, dove i «precoci» tra il 2006 e il 2007, stando alla banca dati del ministero dell'Università, sono cresciuti del 57% arrivando ad essere 11.874: pari al 6,83% del totale. Tema: è mai possibile che un «dottore» su 14 vada veloce come Usain Bolt? C'è di più: stando al rapporto 2007 sull'università elaborato dal Cnvsu, il Comitato nazionale per la valutazione del sistema universitario, quasi la metà di tutti questi Usain Bolt, per la precisione il 46%, ha preso nel 2006 l'alloro in due soli atenei. Per capirci: in due hanno sfornato tanti «dottori» quanto tutti gli altri 92 messi insieme. Quali sono queste culle del sapere occidentale colpevolmente ignorate dalle classifiche internazionali come quella della Shanghai Jiao Tong University secondo cui il primo ateneo italiano nel 2008, La Sapienza di Roma, è al 146#730; posto e Padova al 189#730;? Risposta ufficiale del Cnvsu: «Stiamo elaborando i dati aggiornati per la pubblicazione del rapporto 2008. Comunque i dati sui laureati sono pubblici e consultabili sul sito dell'ufficio statistica del Miur». Infatti la risposta c'è: le culle del sapere che sfornano più «precoci» sono l'Università di Siena (494ª nella classifica di Shanghai) e la «Gabriele D'Annunzio» di Chieti e Pescara, che non figura neppure tra le prime 500 del pianeta. Numeri alla mano, risulta che dall'ateneo abruzzese, che grazie al contenitore unico di un'omonima Fondazione presieduta dal rettore Franco Cuccurullo e finanziata da molte delle maggiori case farmaceutiche (Angelini, Kowa, Ingenix, Fournier, Astra Zeneca, Boheringer, Bristol- Myers...), conta su una università telematica parallela non meno generosa, sono usciti nel 2007 la bellezza di 5.718 studenti con laurea triennale. In maggioranza (53%) immatricolati, stando ai dati, nell'anno accademico 2005-2006 o dopo. Il che fa pensare che si siano laureati in due anni o addirittura in pochi mesi. Quanto all'ateneo di Siena, i precoci nel 2007 sono risultati 1.918 su un totale di 4.060 «triennali»: il 47,2%. La metà.Ancora più sorprendente, tuttavia, è la quota di maschi: su 1.918 sono 1.897. Contro 21 femmine. Come mai? Con ogni probabilità perché alla fine del 2003 l'Università firmò una convenzione coi carabinieri che consentiva ai marescialli che avevano seguito il corso biennale interno di farsi riconoscere la bellezza di 124 «crediti formativi». Per raggiungere i 148 necessari ad ottenere la laurea triennale in Scienza dell'amministrazione, a quel punto, bastava presentare tre tesine da 8 crediti ciascuna. E il gioco era fatto. Ma facciamo un passo indietro. Tutto era nato quando, alla fine degli anni Novanta, il ministro Luigi Berlinguer, adeguando le norme a quelle europee, aveva introdotto la laurea triennale. Laurea alla portata di chi, avendo accumulato anni d'esperienza nel suo lavoro, poteva mettere a frutto questa sua professionalità grazie al riconoscimento di un certo numero di quei «crediti formativi» di cui dicevamo. Un'innovazione di per sé sensata. Ma rivelatasi presto, all'italiana, devastante. Colpa del peso che da noi viene dato nei concorsi pubblici, nelle graduatorie interne, nelle promozioni, non alle valutazioni sulle capacità professionali delle persone ma al «pezzo di carta», il cui valore legale non è mai stato (ahinoi!) abolito. Colpa del modo in cui molti atenei hanno interpretato l'autonomia gestionale. Colpa delle crescenti ristrettezze economiche, che hanno spinto alcune università a lanciarsi in una pazza corsa ad accumulare più iscritti possibili per avere più rette possibili e chiedere al governo più finanziamenti possibili. Va da sé che, in una giungla di questo genere, la gara ad accaparrarsi il maggior numero di studenti è passata attraverso l'offerta di convenzioni generosissime con grandi gruppi di persone unite da una divisa o da un Ordine professionale, un'associazione o un sindacato. Dai vigili del fuoco ai giornalisti, dai finanzieri agli iscritti alla Uil. E va da sé che, per spuntarla, c'è chi era arrivato a sbandierare «occasioni d'oro, siore e siore, occasioni irripetibili». Come appunto quei 124 crediti su 148 necessari alla laurea, annullati solo dopo lo scoppio di roventi polemiche. Un andazzo pazzesco, interrotto solo nel maggio 2007 da Fabio Mussi («Mai più di 60 crediti: mai più!») quando ormai buona parte dei buoi era già scappata dalle stalle. Peggio. Perfino dopo quell'argine eretto dal predecessore della Gelmini, c'è chi ha tirato diritto. Come la «Kore» di Enna che, nonostante il provvedimento mussiano prevedesse che il taglio dei crediti doveva essere applicato tassativamente dall'anno accademico 2006-2007, ha pubblicato sul suo sito internet il seguente avviso: «Si comunica che, a seguito della disposizione del ministro Mussi, l'Università di Enna ha deciso di procedere alla riformulazione delle convenzioni» ma «facendo salvi i diritti acquisiti da coloro che vi abbiano fatto esplicito riferimento, sia in sede di immatricolazione che in sede di iscrizione a corsi singoli, nell'ambito dell'anno accademico 2006-2007».Bene: sapete quanti studenti risultano aver preso la laurea triennale nell'ateneo siciliano in meno di due anni grazie ad accordi come quello con i poliziotti (76 crediti riconosciuti agli agenti, 106 ai sovrintendenti e addirittura 127 agli ispettori) che volevano diventare dottori in «Mediazione culturale e cooperazione euromediterranea»? Una marea: il 79%. Una percentuale superiore perfino a quella della Libera università degli Studi San Pio V di Roma: 645 precoci su 886, pari al 73%. E inferiore solo a quella della Tel.M.A., l'università telematica legata al Formez, l'ente di formazione che dipende dal Dipartimento della funzione pubblica: 428 «precoci» su 468 laureati. Vale a dire il 91,4%. Che senso ha regalare le lauree così, a chi ha l'unico merito di essere iscritto alla Cisl o di lavorare all'Aci? È una domanda ustionante, da girare a tutti coloro che hanno governato questo Paese. Tutti. E che certo non può essere liquidata buttando tutto nel calderone degli errori della sinistra, come ha fatto l'altro ieri Mariastella Gelmini dicendo che di tutte le magagne universitarie «non ha certo colpa il governo Berlusconi che, anzi, è il primo governo che vuol mettere ordine». Sicura? Certo, non c'era lei l'altra volta alla guida del ministero. Ma la magica moltiplicazione delle università (soprattutto telematiche), la corsa alle convenzioni più assurde e il diluvio di «lauree sprint», lo dicono i numeri e le date, è avvenuta anche se non soprattutto negli anni berlusconiani dal 2001 al 2006. E pretendere oggi una delega in bianco perché «non si disturba il manovratore», è forse un po' troppo. O no?
Sergio Rizzo
Gian Antonio Stella
Corriere della Sera 26 ottobre 2008

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